Il marketing nasce dalla propaganda bellica e non ha mai abbandonato il suo vocabolario di guerra: strategie, campagne, conquiste, briefing…
Per uscire da questa mentalità conflittuale e predatoria cominciamo a cambiare parole.
Non basta riempirsi la bocca di web 3.0, collaborazione e sharing se, gratta gratta, il target è ancora nel mirino del cecchino e il brand somiglia ancora al marchio impresso a fuoco sulla carne dei nemici fatti schiavi.
Noi non ci stiamo, per noi il field non è terreno di conquista ma di coltivazione, da seminare, innaffiare, difendere dai parassiti… preferiamo usare i vocaboli biologici del mondo vivente.
Del linguaggio militare ci piace solo una parola: disertare.
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