CHI
Quattro importanti cooperative del milanese a cavallo tra il 2014 e il ’15 si stavano fondendo in una nuova realtà.
- La Riabilitazione di Seregno (MB),
- Bethlem di Milano, già nostro cliente
- Mosaico Servizi di Segrate (MI),
- Borgocometa di Monza.
Il settore è la progettazione, la gestione e la sperimentazione di servizi, in risposta ai bisogni sociali dei cittadini e della comunità.
I clienti principali sono gli enti pubblici, con un’importanza (giocoforza) crescente di sponsor e privati paganti.
Per creare insieme per generare un’identità comune
Ciascuna di queste realtà aveva una storia di un quarto di secolo e un’identità forte nel territorio. Un forte senso di orgoglio e appartenenza dei soci. Una notevole riconoscibilità (e riconoscenza) nei luoghi di radicamento.
Sulla carta insieme erano pronte a diventare una delle realtà lombarde più importanti su quattro piani: come mole quantitativa, come capacità innovativa, come eccellenza degli operatori e come qualità del servizio (e quindi suo gradimento da parte della cittadinanza).
Ma c’era un po’ di paura di mescolare l’olio e l’acqua: per arrivarci occorreva non sottovalutare le complessità psicologiche, tecniche e metodologiche di una fusione di tale portata.
Per evitare gli errori altrui
La casistica insegnava che, tipicamente, in queste situazioni c’è il rischio di scarsa immedesimazione col nuovo “brand” da parte dei soci lavoratori, quindi di generare un sentimento latente negativo in cui ciascuno dice “noi” e “loro”, in cui la realtà più forte viene recepita come colonizzante e a sua volta percepisce gli altri come disturbo dei processi e perturbazione delle linee gerarchiche.
A questo si aggiunge il vissuto di simili fusioni nel settore privato, che comportano licenziamenti alla base e selezione feroce tra i livelli intermedi: cose non vere in questo caso, eppure latenti come ansie diffuse nello scenario deprimente di quest’area geografica in questo momento storico.
Sarebbe stato un errore grave correre questo rischio: fatale con qualsiasi tipo di lavoro ma ancor di più in questi mestieri di ascolto e cura, in cui la serenità del contesto influisce enormemente sulla qualità del servizio erogata.
Perché un’agenzia di comunicazione tradizionale non avrebbe funzionato
Ovviamente qualsiasi agenzia pubblicitaria normale avrebbe prodotto a tavolino un confezionamento e un’imposizione dall’alto di nome, immagine coordinata e linee di comunicazione, portando poi alla dirigenza la solita cartellina con tre soluzioni tra cui scegliere.
Invece era molto importante coinvolgere tutto l’organigramma in una progettazione condivisa.
E tuttavia era importante anche la qualità del risultato, benché generato collettivamente dall’interno; doveva essere professionalmente all’altezza dell’importanza della nuova realtà.
Questa è stata la parte più importante del nostro lavoro, che è durato molti mesi.
COSA
Abbiamo adottato diverse tecniche: riunioni, corsi, assemblee, animazione di gruppi.
Attività iniziali di lettura del contesto e visione degli scenari possibili
- Corso interno “10 errori da evitare”
- Corso interno “internet, che farci”
- Questionario mirato agli stakeholder
Animazione per il naming
- Parte dedicata alla base ampia: spiegazioni frontali, animazioni creative, visione di esempi simili (stranieri e/o di altri settori) per condividere insieme il passaggio alla “cosa nuova” e incidere insieme sulla sua fisionomia; ciò genera empowerment, responsabilizzazione e un senso di maggiore fiducia nelle novità che arriveranno.
- Parte dedicata ai più motivati delle quattro coop affluenti: selezione delle idee generate a una rosa di tre spunti (la scelta tra i quali viene poi demandata agli organismi direttivi)
- analisi più tecnica e professionale dei nomi candidati secondo alcuni criteri quali: efficacia, memorabilità, non omonimia, disponibilità dell’URL, immediata comprensibilità della missione.
- Ideazione del pay off che nella nostra strategia è anche lo slogan delle prime campagne.
Scambi di know how tra smarketing e area comunicazione
Un altro elemento che ha caratterizzato la nostra attività è quello di rendere abili ed autonomi i comunicatori interni della nascente cooperativa.
Avevamo la fortuna di poter coinvolgere alcune persone particolarmente motivate, capaci di prendere iniziativa e tuttavia attente agli input tecnici e metodologici che noi offrivamo.
- Creazione e gestione di una newsletter che poi sono diventate due, una interna anche su carta spedibile col cedolino dello stipendio e una “normale” per gli stakeholder
- Tecniche di scrittura “scrivere per farsi leggere”.
– Per farsi capire nella comunicazione quotidiana anche da persone meno alfabetizzate o non native-italiane,
– Per descrivere in modo chiaro e condivisibile i processi e le scelte ad altri decisori (enti pubblici, sponsor)
– Per generare condivisione e passaparola sui social - Impaginare graficamente i testi nel layout predisposto da noi con consistente risparmio di tempo, minori costi di stampa e migliore efficacia/agilità operativa
- Autogestire le impaginazioni anche su un normale word processor rispettando l’IC
- Istruzioni basiche per la gestione delle comunità web e la promozione delle iniziative sui social
Attualmente le produzioni grafiche, il sito www.sociosfera.it e la pagina Facebook sono gestite al 100% in modo autonomo
(Parte delle attività sono state finanziate a parte come corsi regionali)
Generazione del logotipo e dell’immagine coordinata
Dopo avere condiviso con il gruppo ampio il profilo psicologico che si voleva suscitare abbiamo realizzato il logo e poi i manufatti grafici partendo dai più urgenti da realizzare.
Implementazione del progetto “ARRIVO A CENTO”
Il progetto “arrivo a cento” nella sua versione originale era, per quanto riguarda il nostro lavoro, giunto quasi a termine; questo ha coinciso con l’inclusione del committente (la coop Bethlem di Milano) nella cooperativa nuova.
Proprio durante questa fase, la sorpresa: “arrivo a cento” ha vinto un importante occasione gratuita di visibilità attraverso un bando di B Solidale (l’inziativa del calcio di serie B che offre spazi su RAI, Mediaset e centinaia di emittenti locali proprio durante le partite locali).
Si è deciso di produrre lo spot e mantenere “arrivo a cento” come nome autonomo per l’iniziativa.