Presentiamo il Manifesto della Comunicazione Etica

I pochi che bazzicano questo sito l’hanno già letto e riletto.
È questo manifesto su cui discutiamo dal 2009. Siamo arrivati all’ultima versione e ne parliamo sabato 25 marzo 2023 a Fa’ La Cosa Giusta di Milano.
Ci troviamo in modo informale alle 18.30 dopo aver brindato coi fantastici sottoscrittori che hanno reso possibile l’edizione tascabile della mostra ART32 (che presentiamo poco prima).

Non è scolpito nel marmo

Non ce l’ha dettato Dio sul Sinai. Non sono precetti, né leggi, protocolli o indicatori per stabilire cos’è etico e cosa non lo è.
Sarebbe presuntuoso, inutile e probabilmente poco etico.
Il manifesto è open: è un processo che si discute progressivamente, aperto ai cambiamenti e alle collaborazioni.

Quindi ogni fotografia viene mossa: questo manifesto cresce e si aggiorna fin dalla prima versione (la “Carta di Caldé” del 2009 che ha generato la rete smarketing).
Dal 2022 abbiamo stabilito l’unica cosa definitiva: rinunciamo a perseguire una versione definitiva; preferiamo che funzioni sempre meglio, quindi sarà aggiornato come avviene con i software liberi numerando le progressive release; la numerazione riparte da zero: un po’ per scaramanzia, un po’ per onorare la simbolica rinascita del dopo-covid .

Non è scritto sulla sabbia

Scrivere belle parole per darsi un tono etico? che noia!
La domanda etica è esistenziale, viscerale per ciascuno di noi.
È una domanda cattiva, è difficile fare dell’ethical washing, lo vedi subito quando qualcuno lo fa per furbizia: non è una questione di tono, di estetica o di contenuti, è una questione di committente e di call to action.

L’etica, quella vera, è scomoda. È antipatica: appena poni il problema etico in una discussione sembri saccente, un noioso criticone, eterno insoddisfatto, al massimo sei un illuso utopista che non conosce le concretezze del mondo vero.
Molti pensano: tu mi stai criticando, ma chi credi di essere?

E invece non c’è nulla di più vero e semplice: l’etica è l’unica via per parlare di cose concrete. In questo mondo di cosmesi, simulazione, fake news, personalità fasulle studiate a tavolino, vedete molti capi economici, finanziari, politici così innamorati delle proprie bugie da crederci essi stessi e esercitare le scelte in modo conseguente.
Chi confeziona ottimamente le bugie? noi comunicatori quando accettiamo di lavorare per conto terzi e costruire un mondo parallelo che è un castello di sabbia: ma in quel mondo i bugiardi vivono, pensano e fanno le scelte che credono “concrete” e ” realistiche”. Qualsiasi ingenuo ne sa di più perché vede gli effetti di tanta presunta furbizia; vale per le merci come per la finanza come per la geopolitica.
E vale anche per la politicuzza nazionale (e scusate la caduta dell’argomento) peccato che tanti elettori, avvezzi al marketing elettorale perenne, quando l’onda spazza via un castello di sabbia cercano un nuovo castellano fake (il cui secchiello e paletta siamo noi comunicatori, influencer, giornalisti quando ci lasciamo prezzolare) vate di una nuova narrazione in cui nascondere la propria deresponsabilizzazione fino all’onda successiva.
È questo il problema, una comunicazione non etica disabilita la responsabilità di ciascuno.

“Moses and the iPhone” di Miriam Anzovin da “Moses Breaks the Tablets of the Law” di Gustave Doré. WikiCommons

Lo vede chiunque provi a fare un mestiere di comunicazione: è molto difficile emanciparsi da un mercato del lavoro fondato quasi solamente sul marketing e sull’editoria asservita a chi la possiede: se vuoi portare a casa la pagnotta devi cantare compra! consuma! imita i ricchi! se no sei sfigato, brutto, perdente! in un mondo insicuro, pieno di cattivi! chiuditi in casa!
Smarketing è un processo di emancipazione da questo ricatto.
Non è facile, ma ci proviamo.
Questo Manifesto prova a dare una visione di insieme a questa urgenza, cerca di farne una mappa di quello che altrimenti sarebbe solo un sentimento istintivo ma labile, che si cancellerebbe ad ogni onda.